Tanti e Tante ti guarderanno male,
Per le tue scelte.
Proveranno a remarti contro.
Proveranno ad ingannarti.
Proveranno a Sedarti.
Proveranno ad ucciderti.
Le briciole che lasciano,
Forse sono importanti,
Per capire certe dinamiche?
Il pugno di amicizie che tieni,
Difendilo a più non posso.
Proteggi la tua fragilità,
Rischia per la tua felicità,
Poche manciate di secondi,
Con profumi che mai se ne andranno?
Raccogli nelle tasche vuote,
Le tue più calde lacrime.
Sostenendo a piedi nudi,
Una nuova malandata e distratta stagione,
Nel suo sfuggevole corso.
Le ansie si possono divertire finché vogliono?
Ora e sempre, è stato il tuo turno.
Ci sei anche te!
Per quanto può durare?
Ci sei anche te!
Di cristallo
Nel fumo e nell'acciaio.
Ci sei anche te?...
CAMAP - Collettivo Antipsichiatrico Camuno
giovedì 21 marzo 2024
Gabryela 21/03/24
sabato 2 marzo 2024
sabato 10 febbraio 2024
Roma - Rassegna cinematografica
Mercoledì 14/02 - Mary and Max
mercoledì 28/02 - Man and Chicken
Mercoledì 13/03 - Mad to be normal
mercoledì 27/03 - Fried berry
Ciclo di proiezioni di cinema non convenzionale perchè della normalità non ne possiamo più!
a cura del collettivo antipsichiatrico SenzaNumero - Punto Solidale Marranella Via Augusto Dulceri, 211 - Roma
venerdì 2 febbraio 2024
Brescia 17 Febbraio - Contesti di cura o luoghi di tortura?
BASTA PARLARE DI CURA PER DEI LUOGHI DI MORTE, LUCRO E TORTURA!
BRESCIA SABATO 17 FEBBRAIO 2024 c/o Piazza della Vittoria alle ore 16
VOLANTINAGGIO ANTIPSICHIATRICO
Contro la violenza che regola la vita all’interno di moltissimi centri residenziali “di cura” per persone con disabilità o fragilità psichica. Luoghi dove la contenzione fisica e farmacologica è consuetudine e dove le prepotenze sono ordinarie e strutturali: dai maltrattamenti nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla Stella Maris, agli abusi all’interno delle strutture della Cooperativa Dolce di Bologna, fino agli orrori della Comunità Shalom, nel bresciano. Riteniamo sia importante non spegnere i riflettori su una violenza così estesa, capillare, non episodica, accettata e sostenuta quotidianamente dal silenzio di tanta società “civile”.
Alle ore 19: 30 c/o MATRICI APERTE invia Capriolo 41 c
APERITIVO e MUSICA BENEFIT CASA GALEONE
con Gabryela Yankov – Dj Tamburino – Ale Obsidian
Organizza Assemblea Rete Antipsichiatrica
Comunicato di indizione:
CONTESTI DI CURA O LUOGHI DI TORTURA?
Questo testo affronta la violenza strutturale che regola la vita all’interno di moltissimi centri residenziali per persone con disabilità o fragilità psichica. Si parte dai maltrattamenti avvenuti nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla Stella Maris, passando per gli abusi all’interno delle strutture della Cooperativa Dolce di Bologna, per arrivare agli orrori della Comunità Shalom, nel bresciano. Una violenza capillare sostenuta quotidianamente dal silenzio di moltissimi “professionisti”, tecnici dei servizi, operatori, assistenti ed educatori.
Presso il Tribunale di Pisa si sta
tenendo un processo per i maltrattamenti avvenuti nella struttura per
persone autistiche di Montalto di Fauglia gestita dalla Fondazione
STELLA MARIS. Una vicenda sepolta nel silenzio che ha trovato
nell’ultimo anno il supporto e il sostegno del Collettivo
antipsichiatrico Antonin Artaud. Il Consulente Tecnico chiamato dalla
procura a relazionare sui fatti ha scritto: “Leggendo gli atti del
presente procedimento abbiamo rinvenuto sicuramente la menzione di una
lunga tradizione di abuso e violenza da parte degli operatori, radicata
negli anni, e in parte tollerata, in parte ignorata della direzione
delle strutture”. Ed ancora: “In queste situazioni si sviluppano
degenerazioni in cui la violenza e la sopraffazione divengono gli
strumenti usati ogni giorno, e l’istituzione perde le sue
caratteristiche terapeutiche per divenire un luogo meramente coercitivo e
afflittivo” facendo riferimento a condotte “tipiche delle istituzioni
totali”. Si parla di maltrattamenti fisici, verbali e trattamenti
degradanti quotidiani. Spintoni, schiaffi, minacce e vessazioni
costanti, talmente palesi da lasciar presumere abusi anche peggiori. Una
violenza non episodica ma strutturale.
Delle diciassette persone coinvolte, il processo attualmente vede ancora
imputati quindici tecnici e operatori, tra cui le due dottoresse che
gestivano la struttura e il Direttore Sanitario della Stella Maris. Un
operatore ha patteggiato la pena, mentre il Direttore generale Roberto
Cutajar, che ha scelto il rito abbreviato, è stato condannato a 2 anni e
8 mesi, per essere infine assolto nel processo d’appello. Tra gli
ospiti della struttura ricordiamo Mattia, morto nel 2018 per
soffocamento in seguito al blocco della glottide dovuto alla
somministrazione prolungata ed eccessiva di psicofarmaci. I continui
cambi di terapia avevano comportato disfunzionalità e rischi al momento
dei pasti di cui la famiglia non era mai stata informata. Il processo in
primo grado si è chiuso con nessuna responsabilità da parte dei medici e
della struttura.
Non crediamo nella giustizia dei tribunali, sappiamo che nessuna sentenza metterà fine o scalfirà questa violenza.
L’orrore di Montalto di Fauglia lo
ritroviamo nell’uccisione per contenzione avvenuta la notte del 27
agosto 2012 all’interno della struttura ‘Casa Dolce’ di Casalecchio di
Reno (in provincia di Bologna) gestita dalla Cooperativa Sociale Dolce.
Quella sera M., 20 anni, vorrebbe continuare a giocare con la
playstation ma le regole interne alla struttura non lo consentono. Gli
operatori si impongono. Il giovane non cede. Si apre uno scontro di
potere che M. perde pagando con la vita. L’indagine del PM si concentra
su tre operatori sociosanitari della cooperativa, indagati per omicidio
colposo. Secondo l’autopsia M. è morto per asfissia meccanica,
soffocamento. Mentre due operatori lo tenevano un terzo gli si sarebbe
seduto sopra, all’altezza del torace. Il processo dura quattro anni e si
conclude per tutti con l’assoluzione ‘perché il fatto non costituisce
reato’. Viene sostenuta la legittimità della contenzione, la correttezza
delle manovre effettuate, la loro corrispondenza ai “protocolli”. La
rispettabilità pubblica della Cooperativa Dolce, dei suoi dirigenti
responsabili e di tutta la struttura ne esce indenne e niente
all’interno della stessa viene messo in discussione.
La testimonianza che abbiamo raccolto di un operatore a tempo
determinato assunto a ‘Casa Dolce’ qualche anno dopo l’uccisione di M.,
racconta il protrarsi di un’attitudine alla violenza verbale e al
confronto fisico punitivo/violento da parte di molti operatori della
residenza, accettato pressoché da tutta la struttura come ‘normale
amministrazione’.
Di recente una nuova indagine ha visto
coinvolta ancora la Cooperativa Dolce per quanto riguarda un’altra
struttura in provincia di Bologna (Budrio),’Villa Donini’. Si parla di
botte e insulti ai danni di persone disabili, schiaffi in testa e
umiliazioni. Dodici operatori socio sanitari dipendenti della
cooperativa sono stati interdetti dalla professione per un anno con
l’accusa di maltrattamenti. Nonostante l’enormità dei fatti, sul
territorio intorno a questa vicenda regna un silenzio sovrano.
E, sempre a Bologna, si parla ancora di maltrattamenti sistematici
all’interno di una residenza psichiatrica: persone legate a terra con
del nastro isolante, utilizzo punitivo della così detta ‘camera morbida’
su ospiti ritenuti particolarmente ‘problematici’, chiusi anche per
giorni, somministrazione di farmaci in dosaggi superiori rispetto a
quanto prescritto. Questa volta si tratta di una struttura
socio-assistenziale per persone con disagio psichico di Bazzano in
Valsamoggia, Villa Angelica, gestita dalla cooperativa Altius. A seguito
della denuncia di un ex dipendente la struttura è stata chiusa e le
persone trasferite in altre strutture. Sono state emesse sei misure
cautelari nei confronti della direttrice e di altri cinque dipendenti,
indagati a vario titolo per maltrattamenti e sequestro di persona. La
direttrice si trova attualmente ai domiciliari, i cinque dipendenti
della struttura hanno invece ricevuto un provvedimento di divieto di
avvicinamento alle persone offese.
Anche quanto emerso all’interno della comunità Shalom, in provincia di
Brescia, parla della stessa violenza. Abusi sistematici, insulti,
minacce, punizioni degradanti e inumane, privazione del sonno,
isolamento e crudeltà come metodo. Una presunta Comunità terapeutica che
non cura le persone: le maltratta, le umilia, le sradica dalla propria
umanità. Dove gli ‘educatori’ vengono spesso individuati tra le persone
che in precedenza hanno subito lo stesso trattamento, selezionati senza
alcun tipo di formazione per dare continuità ai metodi repressivi,
avvilenti e degradanti, pratiche che ancora oggi caratterizzano la
comunità. Negli anni più volte la struttura è finita nel mirino per
situazioni di tortura ben lontane da episodi sporadici o accidentali.
Un’ampia organizzazione che fa mostra di sé per la presunta accoglienza
incondizionata, ma che vive di metodi distanti anni luce dall’offrire
cura e sostegno a ragazzi e ragazze che vivono periodi di fragilità. Al
di là della bella facciata che mostra all’ingresso, Shalom è
disfacimento, afflizione e miseria.
Sebbene questa vicenda abbia avuto grande impatto a livello mediatico,
il sensazionalismo legato al marketing dell’informazione ha già
pressochè rimosso quanto avvenuto e le sue implicazioni. Non accettiamo
la retorica della “comunità degli orrori” e della “mela marcia”, la
comunità Shalom è conosciuta e attiva da lungo tempo nel bresciano e
trattamenti inumani e degradanti come abbiamo visto non sono stati
affatto un’eccezione al suo interno, come del resto in moltissime altre
strutture.
Privato accreditato, grandi cooperative,
fondazioni; enti che muovono molti soldi e che spesso esercitano anche
una certa influenza nei rispettivi territori: la Stella Maris ad esempio
è considerata un’eccellenza a livello nazionale, riceve abbondanti
finanziamenti e onorificenze dalla Regione Toscana, la Cooperativa Dolce
è una mega cooperativa che gode di ampio appoggio e gestisce moltissimi
servizi nel bolognese, la Shalom è sempre stata sostenuta da personaggi
di rilievo.
Questi racconti mettono sotto gli occhi di tutti i dispositivi
coercitivi/degradanti insiti in questa tipologia di strutture, dove le
persone, ridotte ad oggetti, diventano il bersaglio di violenze e
sopraffazioni quotidiane.
Luoghi dove la contenzione fisica e farmacologica è consuetudine e dove le prepotenze sono ordinarie e strutturali.
Riteniamo sia importante non spegnere i riflettori su una violenza così
estesa, capillare, non episodica, accettata e sostenuta quotidianamente
dal silenzio di moltissimi “professionisti”, tecnici e operatori,
assistenti ed educatori, ci piacerebbe partire da qui, dall’omertà che
sorregge questi abusi, che non sono episodi, ma più spesso la prassi che
regola queste strutture.
Assemblea Rete Antipsichiatrica
mercoledì 31 gennaio 2024
sabato 30 dicembre 2023
“Banalità del male e istituzioni totali. Il processo per violenze su persone disabili a Pisa”
Articolo del Collettivo Artaud preso da:
Presso
il tribunale di Pisa si sta svolgendo il processo per i maltrattamenti
avvenuti nella struttura di Montalto di Fauglia, in provincia di Pisa,
gestita dalla fondazione Stella Maris. Nell’estate del 2016, in seguito
alla denuncia dei genitori di un giovane ospite, la struttura è stata
posta sotto controllo con l’installazione di microcamere. Dopo tre mesi
di intercettazioni la procura di Pisa ha configurato l’ipotesi di reato
per maltrattamenti basandosi sui materiali video accumulati.
I genitori, i tutori e altri testimoni già ascoltati dal tribunale hanno
riportato le violenze subite dai ragazzi di Montalto e documentate
dalle videoregistrazioni: 284 episodi in meno di tre mesi , una violenza
– quindi – non occasionale ma strutturale. L’Istituto scientifico –
Ospedale specializzato – Centro di assistenza Stella Maris si occupa di
assistenza e cura dei disturbi e delle disabilità dell’infanzia e
dell’adolescenza. Di fatto è un’istituzione privata convenzionata con il
pubblico, gestita dalla Curia di San Miniato e finanziata con soldi
pubblici (milioni di euro l’anno) dalla Regione Toscana, che nonostante
la gravità degli abusi non ha ritenuto opportuno costituirsi come parte
civile al processo.
Tra gli ospiti della struttura di Montalto di Fauglia ricordiamo Mattia, morto nel 2018 per soffocamento in seguito al blocco della glottide dovuto alla somministrazione prolungata ed eccessiva di psicofarmaci. I continui cambi di terapia avevano comportato disfunzionalità e rischi al momento dei pasti di cui la famiglia non è mai stata informata. Per questa vicenda è in corso un altro procedimento penale e il processo in primo grado non ha individuato alcuna responsabilità da parte dei medici e della struttura.
Il processo per maltrattamenti sta andando avanti da più di cinque anni con estrema lentezza: le udienze sono troppo diradate se si considera l’elevatissimo numero di persone invitate a testimoniare. Si tratta, infatti, del più grande processo per violenze su persone con disabilità in Italia. Al momento gli imputati sono 15. Tra essi figurano anche le due dottoresse che gestivano la struttura e il Direttore sanitario della Stella Maris. Due imputati sono usciti di scena: un operatore che ha patteggiato la pena e il Direttore generale Roberto Cutajar che, avendo scelto il rito abbreviato, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione e poi è stato assolto nel processo d’appello.
Come ha scritto nella sua relazione il consulente tecnico, professor Alfredo Verde, chiamato a relazionare sui fatti avvenuti: “Leggendo gli atti del presente procedimento abbiamo rinvenuto sicuramente la menzione di una lunga tradizione di abuso e violenza da parte degli operatori, radicata negli anni, e in parte tollerata, in parte ignorata della direzione delle strutture”. E ancora: “Una violenza così evidente richiama la possibilità di ipotizzare che altre violenze si siano verificate in contesti meno pubblici”. “In queste situazioni si sviluppano degenerazioni in cui la violenza e la sopraffazione divengono gli strumenti usati ogni giorno, e l’istituzione perde le sue caratteristiche terapeutiche per divenire un luogo meramente coercitivo e afflittivo”.
La relazione tecnica afferma inoltre che “il comportamento degli operatori è apparso tipico delle istituzioni totali in cui non solo gli ospiti vengono puniti, ma la punizione viene anche irrogata in una situazione di estrema visibilità (come per esempio il refettorio), in cui gli ospiti assistono silenziosi e acquiescenti al trattamento subito dai compagni: una sorta di teatro”. Afferma ancora il professor Verde: “Il pensiero istituzionale presuppone, implica e giustifica la violenza, che può essere manifesta o anche solo accennata, assumendo quindi anche una funzione simbolica”.
Dal punto di vista della relazione tecnica, quello che è successo nella struttura gestita dalla Stella Maris diventa allora emblematico dei dispositivi coercitivi e degradanti insiti in questa tipologia di strutture, dove frequentemente le persone, ridotte a oggetti, diventano il bersaglio di violenze e sopraffazioni quotidiane. Luoghi dove la contenzione fisica e farmacologica è spesso consuetudine e dove le prepotenze sono ordinarie e strutturali.
Riteniamo sia importante non spegnere i riflettori su una violenza così estesa, capillare, non episodica, accettata e sostenuta quotidianamente dal silenzio di moltissimi “professionisti”, tecnici e operatori, assistenti ed educatori. Ci piacerebbe partire da qui, dal sistema di omertà che sorregge questi abusi. In nessun caso la carenza di personale e di strutture può giustificare il ricorso a pratiche violente e coercitive. Anche le argomentazioni dei “motivi di sicurezza”, dello “stato di necessità” o delle “persone aggressive”, a cui sovente si fa appello nei reparti o nelle strutture, devono essere respinte poiché fondate sul pregiudizio ancora diffuso della potenziale pericolosità della “pazzia”. Molti ritengono, per atteggiamento culturale o per formazione, che sia giustificabile sottoporre persone diagnosticate come malate mentali a mezzi coercitivi, che sia nell’ordine delle cose e corrisponda al loro stesso benessere, senza chiedere mai cosa ne pensino i diretti interessati.
Il problema dunque è superare il modello di internamento, è non riproporre gli stessi meccanismi e gli stessi dispositivi manicomiali. Nel momento in cui riproduci le stesse pratiche (l’isolamento, la contenzione meccanica e farmacologica, l’obbligo di cura), la logica dell’istituzione totale si riproduce e si diffonde fino ai reparti, alle strutture e alle residenze sanitarie come quella di Montalto di Fauglia: se c’è l’idea della persona come soggetto pericoloso che va isolato, dovunque lo sistemi sarà sempre un manicomio. Un concreto percorso di superamento delle istituzioni totali passa necessariamente da uno sviluppo di una cultura non segregazionista, largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà, di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane, contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della psichiatria.
sabato 11 novembre 2023
Abusi e maltrattamenti Stella Maris, 2 link
Interviste del Collettivo Artaud a Radio Blackout sulla Stella Maris:
https://radioblackout.org/podcast/stella-maris-il-genocidio-di-gaza-e-i-suicidi/
"Come Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud torniamo, insieme a radio Blackout durante la trasmissione “Bello come una prigione che brucia”, a parlare del processo per gli abusi e le violenze contro utenti della struttura Stella Maris di Montalto di Fauglia."
"A partire dal supporto e della solidarietà con le famiglie coinvolte, abbiamo cercato di affrontare alcuni aspetti strutturali che riguardano l’apparato dell’estrattivismo neuro-biologico, la relazione tra il primato della generazione di profitto e gli abusi, l’espansione degli interessi di questa azienda nonostante le violenze emerse."
https://radioblackout.org/podcast/cosa-sono-gli-psicofarmaci-del-08-11-2023/
Questo invece è il link per ascoltare l’intervista fatta durante la trasmissione RI-congiunzioni su Radio Blackout, con un breve resoconto sul presidio e sull’ultima udienza del processo del 7 novembre scorso per i maltrattamenti avvenuti nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla Fondazione STELLA MARIS. Dal minuto 50 in poi.
martedì 17 ottobre 2023
GIOVEDì 26 OTTOBRE: Circolo UTOPIA in via San Lorenzo 38 a PISA ore 18:30
il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud presenta:
IL ROVESCIO DELLA GUERRA. Psichiatria Militare e “terapia elettrica” durante la Prima guerra mondiale
di Marco Rossi edizioni Malamente.
Sarà presente l’autore
INTERVENGONO:
OSSERVATORIO CONTRO la MILITARIZZAZIONE delle SCUOLE E dell’UNIVERSITA’
MOVIMENTO NO BASE
per info: antipsichiatriapisa@inventati.org
La Prima guerra mondiale, con le sue dimensioni estreme, vide
l’irruzione massiva di feriti “dentro”, invalidi con corpi
apparentemente integri: per la psichiatria fu uno sterminato campo di
studio e sperimentazione. Nella convinzione che per curare la mente
bisognasse intervenire con forza sul corpo, le pratiche messe in atto
contemplavano un vero catalogo di supplizi, compresa la cosiddetta
terapia elettrica, intesa sia come strumento di cura per le nevrosi di
guerra che come mezzo per smascherare i simulatori. D’altra parte, ogni
soldato sofferente era visto e trattato come un presunto simulatore,
quindi come un traditore della patria; specularmente, ogni insubordinato
era guardato alla stregua di un malato di mente. L’orizzonte della cura
si andò così perdendo, oscurato dall’ideologia nazionalista e dal
militarismo. Il rovescio della guerra restituisce alla memoria a lungo
negata gli orrori subiti dai soldati al fronte e nei manicomi: carne da
macello sacrificata per gli affari del capitale. Allora come oggi, per
molti di questi sopravvissuti più sensibili o fragili – vincitori o
vinti – non resta che una vita da “scemi di guerra”.